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EDOARDO CACCIATORE 1912-1996

Italiana


Edoardo Cacciatore 1912-1996

da Graduali

Tetrasticha

I

L'amore che di due visi fa uno solo



Ti dà la scienza della distanza infinita

La terza immagine immaginaria attualmente

Realtà è sempre in preda all'alterazione.

VI

Sazi di storia a digiuno di avvenire

Si ricacciano ormai nella cronaca cieca

Stomaco e Sesso i due vecchi protagonisti

Ostentano soli una lugubre baldoria.

XI

Il mare è il petto dell'uomo quando lo gonfia

La certezza incredibile che il mondo sia

Segno d'indubitabile i muri a piombo

Segnano invece il confine della follìa.

XV

Roma un che tra il convento ed il postribolo

L'abbaiare di un cane da un'alta terrazza

Nella luce pomeridiana alla deriva

I platani e l'ansare degli autocarri.

XIX

La voce ferroviaria ammonisce dall'alto

«Più avanti signori! Troveranno posto!»

Che furia che impeto e che vecchia storia

La monotonia delle generazioni.

XXIII

Caro volto conosciuto senza parole

Di' l'universo si tace tutto è ascolto

Ma in alto - senti - già voce di uccelli lacera

Una perennità che non è più cobalto.

XXXVI

Il viso la voce la vo 151b16b lontà la vita

Irripetibilmente è quanto t'identifica

Trepida minuziosa carne - la bellezza

Non è ornamento astratto è ciò che unifica.

XLI

È autunno e i gridi si fanno sempre più rari

Il travertino ha una tenerezza di rosa

Il notiziario delle morti è sempre in ordine

La libertà è un gesto obbligatorio.

Pentasticha

VI

Bizzarri proprio loro i visi i luoghi soliti

Eccomi qui è certo - e vado errando altrove

Guastafeste la verità non dirla odi

L'inaudito e godi in ogni addìo un inizio

Non è cenere sparso in un campo di rose.

VIII

Umanamente la città si decompone

Sazietà e inedia vagano lato a lato

Ognuno nel viso porta la sua funzione

Una falda di luce un rovescio di fuoco

Labile apocalissi non verità a fuoco.

XIII

Volentieri divulgano voglia di vita

I cantieri delle necropoli future

Prediletti oggi luoghi della fatica

Alacri certo finché la polpa del giorno

Non si attempi e al gusto del dubbio li maturi.

Hexasticha

II

La corsa degli olmi prolunga la criniera

Nella memoria che ripropone la via

Di episodio ilare in storia guerriera

Di astuzia innocente in losco diletto

Il delirio onnìvago della ragione

Schianta le macchinazioni dell'intelletto.

Heptasticha

VI

Il viottolo di robinie e rose scempie

Rotola verità in fondo a questo maggio

Le tombe antiche che la nostra voce empie

La felicità che inventò questo viaggio

Scrutano nell'eterno le dolcezze empie

E su in alto quei fiori aforisma ad un saggio

Dove un calabrone porta il peso di un raggio.

da La restituzione

Uno a Regina Coeli

Alla fine un braccio è uguale all'altro braccio

La rotonda solenne è l'unità del mondo

La vista è vischiosa l'udito è un laccio

La memoria è la vedova di un vagabondo

Il passato è un parassita della morte

La follia pia ed oscena nei suoi veli

Il presente è in questa infinità di porte

La purezza è il silenzio di Regina Coeli.

La voglia di vivere

La voglia di vivere è una bocca che sugge

Sorride approvando e la realtà le sfugge.

Queste pietre e visi e oggetti e ricordi

Digradano nei sensi in gocciole di accordi

Dove fu un fatto d'armi ora è alta quiete

Dove uno stupro bambine giocano liete

Nello sterrato in cui il circo alza gli avvisi

Risero altri dal bombardamento uccisi

Qui dove giacciono quelli alla vita inetti

L'amore ebbe tante stanze e comodi letti

Là dove non c'è più coincidenza e trasbordi

È cielo d'ottobre e passaggio di tordi.

La scala erigenda

Zampilla uno zodiaco da ogni zero

Vieni vieni verso la via che va al vero

Unisci l'udito all'unanime universo

Tempera alla tastiera un tuo tema terso

Senti il suono che strappa sillabe semplici

Ripete realtà dalla radice rendici

Questua non è questa o querula questione

Paradiso prefigurato in un pavone

Offerta sì di olimpo ov'è oltraggio all'oggetto

Notizie native nemiche di un no netto

Moto che la magia del morire ha in mente

La libidine liberando lietamente

Incarnata in inganno inane e inavvertito

Hallalì hallalì ecce homo hai udito

Gridi gagliardi in un gorgo a gara gioiosi

Finito il furto e il furore infine festosi

Epitalamio encomio in eterno ti estrae

Docile dirada il danno e si detrae

Calunnia che ti carezzava con un cardo

Bene bisbiglia butta il bacio bugiardo

Amore avvera dov'era in auge l'azzardo

La scala perché non sale ancora più in alto

Avrei gettato anche me stesso nella forgia

Di rampa in rampa e di slancio in salto

Non fu un percorso un viaggio fu un'orgia.

Un confondersi di sussurri un richiamarsi

I complici congiunti infine per amarsi.

Dov'è la scala è superficie

L'azzardo è ancora là dov'era

La realtà non ha radice

Si spande a liquida cera.

L'amore non più a caso ecco ridiscende

Per orecchi ha il mare la luce per fronte

Gradino gradino il desiderio lo prende

Ogni cavo di mano svuota in orizzonte.

Non v'è sommità e squarcio di cieli immensi

L'uomo è lo squarcio e la realtà in tutti i sensi.

Qui quindi è dappertutto

Parlaci di ieri raccontaci la gita

Ma nemmeno tu stesso ti stai più a sentire

Perché insiste a trovare una via d'uscita

Il corpo il medesimo per modo di dire

Sazio in pelle in pelle in fondo famelico

Le stagioni il cerchio labile al centro è l'anno

Gonfio di sesso ubriaco di amore angelico

È già gli avversari che lui diverranno

Le cose ancora in mano già una diceria

Perché insisti a cercare una via d'uscita

Non stai chiuso in una platea o in galleria

Sei negli occhi dentro agli orecchi della vita

Sei un altro da quello che provammo ieri

Chi può testimoniare dove in realtà eri.

da Lo specchio e la trottola

La folata

Dicembre giallo il ballo delle tue foglie

Giorno o notte che importa diffondersi devono

Quale folata di lotte e s'ingegna intorno

Separati gli amanti sotto degna scorta

L'ultimo viso cedono e non per nascondersi.

I deliri ad arco acuto il patto dei muscoli

I maiuscoli crimini e non altro è un'epoca

Nel ballotondo l'amore ha passi di lupo

La miseria un'agilità ortopedica

Riscatto guarda ti aggiri è già ogni varco.

Tenebra fine d'anno su un ponte di vimini

Non lo brucia il lampo un suo simile vi penetra

Senza epigoni è il desiderio e vi ha scampo

Il passato prossimo lievi ustioni appena

Chi mai medica i trapassati eccoli illesi.

Subito adesso senza intermediari fossimo

In veemenza accesi e lacerati in distacco

Sconosciuti perché abili ad ogni anagrafe

Prolissi per un'epigrafe e inenarrabili

Parole il vortice delle foglie al vertice.

Al vertice le parole dicono vissi

Emigrano e già le traduce la vertigine

Sferisterio ha il nòcciolo dei fatti apposito

Indulge in mora il proposito a se stesso

Si rivolge e volge e il turbine è ancora in bòcciolo.

Anche i triangoli dei frontoni e del pube

Finzione è demonica non ti sta ferma

Volano in mente moltitudine agonica

L'estasi rovistano il commento sonoro

Oro è che rifulge al beccuzzare di forbice.

Dimmi perché mi parlavi prima di enimmi

Al vento in brividi si posa la fuliggine

Si sposa al chiarore del pensiero più vivido

Più ruvido e deciso di un colpo di lima

Con la testa pensi che hai veduto mozzare.

Tàcine

Con labbra aperte ad un grido

Un viso all'altro s'impone

Trofeo di capelli ambìto

Involucro di ogni nome

Rassomiglianza evidente

Bianco di calce che offende

Estirpa gli occhi alle immagini

Sangue violato da un embolo

Commenti dopo uno scempio

Non farne rapporto - tàcine.

E la morte è a posto

Chiamo e il pomeriggio irrompe

Rosso la morte è una burla

La vena ti guardo in fronte

Deliziosamente assurda

Ma una risata ci spacca

L'espressione si fa esatta

Io non più ti riconosco

Splendono lontano i denti

Del nulla adunchi esempi

Di nuovo e la morte è a posto.

Eutanasia vanesia

Eutanasia vanesia il tramonto e martella

Arteria occipitale ma mi fo solecchio

Vetri dopo uno scontro e li cantilla a salmo

La luce alieno il passante li scruta calmo

Giudica invece a raccoglierli m'apparecchio

Mentre a tonfo i ragazzi giocano a piastrella

Taglienti frammenti sopra voi m'inginocchio

Chicchi di sangue e so il vostro decorso

Nello spasimo che in cielo si pavoneggia

Spera d'ordine - già si dispone ogni scheggia

Nel granaio ove il battito offre un sorso

Ai curiosi chiusi nella scorza d'un crocchio

Martellami a pezzi fatuo tramonto lilla

Rovinio è il vero e non morte tranquilla.

Estasi

Ben pochi tra i passanti si sentono imbelli

Mentre il trombettiere suona la ritirata

Chi non ha in mente un nibbio sazio di uccelli

Sogna i pesci in estasi intorno all'annegata.

da Ma chi è qui il responsabile?

Si parte

Quinta Voce sfuggente

La luce è incenerita e con penne di starna

L'uomo antico tenta che ancora in noi si spaccia

Spaesato e in alto esala soffi e si scarna

Inerme - tanto ormai chiuso è il tempo di caccia

Crampi ha l'indugio l'interferenza una macchia

Molestia e pregusta uno spiraglio a speranza

Ma partenza è organica l'uomo si stiracchia

Calcareo il cielo pavimenta questa stanza

Televisivo alibi tic radiofonico

Sfrena il Caso e gli intimi trucchi scocca in marcia

Ma l'Ananke insiste l'oggigiorno è demonico

Nudamente e l'abito dell'attesa squarcia

Di paura scrupolo a scovolo di forno

Con gesti aggiranti ammucchietta fede e ubbìa

A ritmo l'atmosfera che qui urge attorno

Rileva la cenere e a pernice la strìa

Dal tramaglio i vecchi culti rifà libranti

Per meglio dare posto al calcare del volo

Sempre sottomano fazzoletto dei pianti

Da usarsi in comune per chi un momento è solo

E indirizza la sorte a pezzi in un trasporto

Predace sul luogo di nascita anzi attuale

Spoglio d'illusioni il vivo riveste il morto

D'un costume di nebbia che a solchi ora sale

Annuvola il soffitto lo rìvola a pioggia

D'immagini dove il quadro non è più quello

Verticale d'un tempo l'occhio vi si poggia

Altrove già radente assai più d'un uccello.

Presentimento secondo
Il giuoco si scatena

I

Furia e fretta ha la guerra ma poi non è rapida

Quarti d'ora ha eterni e fa che si accomuni

Dente ad unghia mentre navi in convoglio incensa

Tanfate d'odio unendo a inodori digiuni

Fila sì la pace a piene mani dilapida

Frane di bigio un polverone è l'epopea

Scorie celando e olande di monotonia

Dove latta di scatole squarciò l'immensa

Cavia all'inedia - la pace lei incombe e avvìa

Nuovi lutti all'evo ma quanti alibi crea.

Bunker non è il rifugio o belvedere a busti

Tra ippogrifi - in crocchi urbani anzi t'impicci

Con popolo che a spostare scandali pensa.

Scatenàti si sono dai loro feticci

Scosso è il fuso orario e le lancette raggiusti.

Il pensiero fisso

Chi fu il primo a dare l'allarme e fermo in forse

Stette chissà di nuovo non si fosse in guerra

No né s'era di giorno in un campo di corse

S'era di notte e gente a gruppi un gancio afferra

Pendono a piombo i piedi e svetta fumo in ciocca

Scampanandosi quanto quello d'una cicca

Accesa un pensiero in testa eguale rintocca

Poi nelle cervici a uncino si conficca.

da la puntura dell'assillo. Cinquanta ed un sonetto

XIX

In faccia stampato non ha quel che fece

Da fermo moltiplica i vari profili

Si ruota a tre quarti e l'effetto ora è invece

Di cote al lavoro che umida affili

La lama già usata perché sia tagliente

Così da esportare del tutto le parti

Funziona da perno ed ecco è la gente

D'accordo nell'atto preciso di darti

Notizia che sei quell'uno tra i molti

Ottieni e ridai agli altri una spinta

Retrograda vedi si sono disciolti

Viluppo ora è chiaro non fu che per finta

Confronti i trascorsi procedi più avanti

E trovi che l'unico è fatto da tanti.

VIII

Ne avverti il fruscio seppure non tendi

L'udito a distanza - già qui è di casa

Quell'ilare battito è saliscendi

Che appunto apparecchia la tabula rasa

Ricolma di oggetti si offre alla vista

Vi affondi le dita a modo di sabbia

Quei grani allontani la transile pista

Addosso ti viene sebbene tu abbia

Deciso che l'ilare battito è gioia

Rimbalzo che apporta maggiore aderenza

Ma immagine a un tratto da te già si scuoia

A sagoma astratta di soma sei senza

Quell'ilare battito strega il fruscio

Euforico accogli per quanto restio.

L

Ritorci su sé l'Energia... sì pensi

Sconnetti il passato scaduto suh vai

Con slanci ch'è nulla ogni spasmo dei sensi

Fra te e il dappertutto non c'è alcun mai

Ma forse è illusione quest'alta pienezza

No è esperienza somatica esplori

Realtà d'ogni giorno quel cuneo vi spezza

Il nero per farne di tutti i colori

È pleroforia il vivere adesso

È vivere gli altri sei multipla folla

Quell'io che ti turba a volte e fa ossesso

È iride tremula su transile bolla

Pensare è adorabile coito d'amore

Tu fosti e contrai futuro anteriore.



Editi in volume nel 1986, i testi di questa raccolta furono in gran parte pubblicati sulla rivista «Botteghe Oscure» fra il 1953 e il 1954.

I testi sono ripresi da Edoardo Cacciatore, Il discorso a meraviglia. Poesie scelte dall'autore medesimo, Einaudi, Torino, 1996; da qui anche i titoli. Della raccolta originaria si conserva invece l'ordinamento.

I testi sono ripresi da Edoardo Cacciatore, Il discorso a meraviglia. Poesie scelte dall'autore medesimo, Einaudi, Torino, 1996; da qui anche i titoli. Della raccolta originaria si conserva invece l'ordinamento.


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