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L'ESODO

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L'ESODO

( IMMAGINE 1, titolo )

Introduzione



Al termine di una conferenza un giovane del pubblico mi volle raccontare una sua esperienza. Affermava di essere stato a visitare il Monte Sinai nella penisola omonima, aggiungeva che era stata una sfacchinata e che al termine della stessa, ridisceso dal monte, si sente dire in confidenza dalla guida che lo aveva accompagnato nella visita, che quello appena scalato non era assolutamente il Monte Sinai sul quale, secondo la Bibbia, Mosè avrebbe ricevuto le tavole della Legge.

Noi cercheremo di vedere come stanno realmente le cose. Non mancheranno le sorprese. Forse anche voi, come quel giovane, riceverete notizie che vi disorienteranno all'inizio. Ma sarete ancor più sorpresi di sapere che straordinarie scoperte archeologiche stanno confermando ogni particolare dei racconti biblici riguardante l'Esodo e il passaggio del Mar Rosso da parte degli israeliti.

I luoghi dell'Esodo

Innanzitutto cerchiamo di rendere chiaro il tragitto degli Israeliti che, liberati da Mosè in Egitto, giungono sino al monte Sinai, dove vivono l'esperienza della rivelazione di Dio.

Nella piantina vediamo l'ubicazione del tradizionale Monte Sinai, e quella del monte proposto dalla Bibbia ( IMMAGINE 2 )

Se apriamo le pagine del Vangelo ci accorgeremo subito che la storia antica non si accorda minimamente con certe tradizioni. Nella sua lettera ai galati, l'apostolo Paolo afferma

( IMMAGINE 3 ): "Infatti Agar è il monte Sinai, in Arabia" (Galati 4: 25)

L'apostolo afferma che il monte Sinai è in Arabia e la penisola del Sinai, al tempo di Mosè, era sotto giurisdizione egiziana.

La piantina mostra i due siti contrapposti ( IMMAGINE 4 ).

Aggiungiamo altri particolari al nostro puzzle. Leggiamo due brani dell'Antico Testamento (IMMAGINE 5 ). Il primo brano ci informa che Mosè stava pascolando il gregge di suo suocero nel deserto di Madian. Il racconto che precede ci informa che egli era fuggito dall'Egitto, dopo aver commesso un omicidio, e si era rifugiato in questa regione.

Il testo ci dice che la regione aveva nome Madian.

Il secondo brano racconta di Mosè che, pascolando il gregge, è attratto da un evento miracoloso nel quale Dio si rivela: un pruno che brucia senza mai consumarsi. Dio lo interpella e lo 353h713d invia a liberare il suo popolo rimasto in Egitto. Le parole del Signore sono chiare: "Quando avrai liberato il mio popolo, verrete su questo monte ad adorare".

Possiamo riassumere così: ( IMMAGINE 6 )

Mosè è in Egitto; è costretto a fuggire in Madian per salvarsi dalle guardie di faraone.

Giunge in Madian e li vive l'esperienza della chiamata di Dio sul monte Sinai.

Quindi, prima conclusione: il Sinai, la montagna di Dio (chiamata anche Horeb) è in Madian

( IMMAGINE 7 )

Mosè fa quindi il percorso inverso: torna in Egitto per liberare il popolo di Israele e ritorna in Madian, alla montagna del Sinai.

Madian, lo sappiamo dalle cartine più antiche, è la regione desertica a confine col golfo di Aqaba.

Per portare gli israeliti in Madian, Mosè prende la via del deserto ( IMMAGINE 8 ).

Dalla cartina ( IMMAGINE 9 ) vediamo quali potevano essere le vie di comunicazione dall'Egitto per Canaan.

C'era la via della costa, la più breve, ma Dio dice espressamente a Mosè di non percorrerla, perché controllata dall'esercito filisteo.

C'era anche la via carovaniera, verso sud, percorsa dagli eserciti di Faraone per le loro scorrerie contro la Siria e dai mercanti.

Mosè s'incamminò per questa seconda via, verso il mare. Partito da Succot, nel nord dell'Egitto, dopo giorni di cammino si accampò all'estremità opposta del deserto, a Etham.. Praticamente si trovava all'ingresso della terra promessa.

Faraone inseguì gli israeliti e Dio, incomprensibilmente diede loro l'ordine di tornare indietro e andare verso il mare. Percorsero un wadi (letto asciutto di un fiume), l'unico percorribile e giunsero di fronte al mare.

In questo caso il mare non è il canale di Suez, ma il golfo di Aqaba.

Il mar Rosso è uno stretto mare che partendo da sud, dall'Eritrea, si biforca a nord attorniando la penisola del Sinai con i suoi due bracci: il canale di Suez e il golfo di Aqaba, appunto. Quindi secondo la Bibbia è mar Rosso anche il golfo di Aqaba.

Lungo la costa egiziana del golfo di Aqaba c'è un solo posto dove due milioni di persone sarebbero potute entrare comodamente: è la spianata di Nuweiba, proprio al termine del wadi.

( IMMAGINE 10 )

Lo storico Giuseppe Flavio conferma che gli Israeliti dovettero trovarsi stretti in una gola formata da alte montagne ( IMMAGINE 11, leggi testo ). E' esattamente la situazione di Nuweiba; nulla di simile si trova sulle coste del canale di Suez. Anche questa è una notizia forse inaspettata, ma la topografia e, soprattutto, la Bibbia non consentono di trovare appigli per un passaggio del mar Rosso nel braccio di Suez.

(Citazioni utili: A, B)

Davanti al mare

Ecco un'immagine ( IMMAGINE 12 ) della spianata di Nuweiba: si nota il wadi da dove dovettero passare gli israeliti.

Notate le alte montagne che declinano a strapiombo direttamente sul mare ( IMMAGINE 13 ). Si comprende bene il testo biblico in cui è detto che gli israeliti inseguiti da Faraone, ad un certo momento, si trovarono senza via di fuga, intrappolati, e gridarono a Mosè di salvarli. La situazione era veramente disperata: davanti il mare, alle spalle l'esercito egiziano, a sud le montagne che sbarrano la strada e a nord un avamposto egiziano.

L'ordine di Dio è perentorio quanto inaspettato ( IMMAGINE 14, testo) : "E il Signore disse a Mosè: 'Perché gridi a me? Dì ai figli d'Israele che si mettano in marcia. Alza il tuo bastone, stendi la tua mano sul mare e dividilo; e i figli d'Israele entrarono in mezzo al mare sulla terra asciutta" ( Esodo 14:15)

Un altro brano ( IMMAGINE 15, testo ), Esodo 14:21,22, dice che "i figli d'Israele entrarono in mezzo al mare sulla terra asciutta, e le acque formavano come un muro alla loro destra e alla loro sinistra"

Altro che acquitrinio. Gli israeliti dovettero scendere verso il fondale del mare e risalirne, perché le acque erano molto profonde.

Gli egiziani si gettarono sugli israeliti e tentarono anch'essi di passare tra le onde, ma un brano successivo (IMMAGINE 16 ) dice che: " Il Signore. tolse le ruote dei loro carri e ne rese l'avanzata pesante" (Esodo 14:23-25)

Dunque ( IMMAGINE 17 ) gli israeliti trovarono una specie di passaggio nel mare e le ruote dei carri egiziani furono divelte. Vediamo se l'archeologia può spiegare queste due affermazioni alquanto incredibili.

Esistono cartine ( IMMAGINE 18 ), sia dell'esercito israeliano che delle autorità arabe ed egiziane che mostrano ( IMMAGINE 19 ) come esattamente di fronte alla spianata di Nuweiba, sino alla costa opposta, in territorio arabo, nel mare esiste come un corridoio di terra. Notate le curve di livello che indicano un innalzamento del fondale marino sino a pochi metri dalla superficie, e come immediatamente a destra e a sinistra di questo 'ponte naturale', le curve indichino una depressione che sprofonda negli abissi.



Ecco una ( IMMAGINE 20 ) di questo passaggio naturale, elaborata al computer.

Sembra di poter dare credito al racconto biblico: gli israeliti poterono passare sulla terra asciutta. Ecco perché, quando erano già accampati a Etham, ai margini della terra promessa, Dio li fece tornare indietro costringendoli ad imboccare il wadi che li avrebbe portati a Nuweiba, dove non solo vi era una spianata capace di contenere tutto il popolo, ma era l'unico tratto di costa davanti al quale un innalzamento del fondale marino avrebbe permesso il passaggio sino alla sponda opposta. Dio sapeva.

Le ruote

Esaminiamo ora la seconda dichiarazione, quella che faceva riferimento al fatto che Dio tolse le ruote dai carri degli egizi.

Nel 1978, Ron Wyatt aveva iniziato delle ricerche nel golfo di Aqaba. Dopo aver seguito la rotta indicata dai testi biblici, era giunto sulla spianata di Nuweiba. Se le sue supposizione erano vere, allora sotto le acque ci sarebbero dovute essere le prove che andava cercando.

Con i membri della sua equipe fece diverse immersioni ( IMMAGINE 21 )

Non dovette aspettare molto: anche se i reperti erano quasi irriconoscibili, perché incrostati di coralli, Ron e i suoi collaboratori trovarono i resti dei carri egiziani. Ne trovarono alcuni senza le ruote e, tutt'intorno, trovarono anche numerose ruote ( IMMAGINE 22 ). Erano praticamente quasi intatte: proprio il corallo aveva avuto lo scopo di preservarle nel corso dei millenni.

Ron trovò anche ruote con 8 raggi interni ( IMMAGINE 23 ). Portò il mozzo di una di esse al Cairo, nell'ufficio di Namif Mohammed Hassan, direttore delle Antichità e lo studioso riconobbe il reperto come risalente alla 18^ dinastia, proprio l'epoca di Mosè. Le ruote ritrovate avevano anche 4 e 6 raggi, così come mostrano le pitture parietali dei monumenti egizi e gli stessi carri conservati nei vari musei.

Nel 1988 Ron trovò anche una ruota d'oro a 4 raggi ( IMMAGINE 24 ). Qualcuno, scettico, opinò che una ruota di tal fatta non era egiziana, ma siriana. Questa affermazione, invece di demolire le tesi di Ron Wyatt le ha rafforzate, soprattutto dopo la scoperta di una iscrizione del Faraone della 18^ dinastia, Tutmose III che dice ( IMMAGINE 25 ): "Partì, nessuno come lui, uccidendo i barbari, colpendo Retenu, facendo prigionieri i loro principi, i loro carri lavorati con l'oro, destinati ai loro cavalli"

Anticamente i vincitori prendevano tutto, in questo caso anche i carri d'oro che, in genere, erano donati agli dei nei vari templi come omaggio per la vittoria ottenuta. Gli egiziani avevano parecchi di questi carri d'oro e alcuni di questi erano siriani.

In occasione di battaglie erano i sacerdoti, custodi di tali carri, che li guidavano al seguito dell'esercito e, restando nelle retrovie, officiavano riti propiziatori per ingraziarsi gli dei.

(Citazioni utili: C)

Probabilmente la ruota d'oro trovata da Ron apparteneva ad uno di questi carri e non c'è nulla di strano che possa anche essere di carro siriano.

Un brano del libro dell'esodo nella sua crudezza afferma una verità inequivocabile, ( IMMAGINE 26 ) leggiamolo:

" Le acque ritornarono e ricoprirono i carri, i cavalieri e tutto l'esercito del Faraone. e non ne scampò neppure uno " ( Esodo 14;28)

Ron trovò nello stesso luogo ove aveva trovato le ruote, anche dei resti di carcasse umane: ossa di femore e, addirittura, incastonata in un ammasso corallifero, una gabbia toracica. Infine, uno zoccolo di cavallo ( IMMAGINI IN SUCCESSIONE, n° 27 ). Come aveva affermato la Bibbia secoli or sono, erano precipitati in mare "cavallo e cavaliere".

A testimonianza del fatto che anche nei tempi antichi Nuweiba veniva considerato il luogo del passaggio del mare, Ron ha ritrovato una colonna ( IMMAGINE 28 ) con una scritta in fenicio, probabilmente dell'epoca del re israelita Salomone. Erano leggibili soltanto alcune parole, ma sufficientemente eloquenti: ( IMMAGINE 29 ) Mizraim ( l'antico nome dell'Egitto ) e tutto il resto che leggete sulla diapositiva ( Javeh, Salomone, Edom, Faraone, morte)

( IMMAGINE 30 , riassunto dell'esodo )

Dalla parte opposta del golfo di Aqaba, in territorio arabo, Ron ha trovato una seconda colonna a testimonianza dell'approdo. E in territorio arabo, là dove si estendeva l'antica regione di Madian, Ron ha scoperto anche il monte Sinai, l'Horeb. Nell'area sono stati ritrovati diversi reperti che fanno pensare ad un antico stanziamento nomade: resti di accampamenti, colonne, altari, recinti e, il pezzo migliore ( IMMAGINE 31 ) una specie di forno rudimentale sulla cui parete era stato inciso un simbolo religioso egiziano, il famoso vitello adorato anche dagli israeliti.

(Citazioni utili: D)

Oggi tutta l'area è stata recintata dall'esercito saudita e solo nel futuro si può sperare che vengano concessi permessi per fare una esplorazione completa.

GIOSUE' ( IMMAGINE 32 )

Introduzione

Una delle pagine più inverosimili della Bibbia è quella che racconta la battaglia che Giosuè, luogotenente di Mosè, ha dovuto ingaggiare presso Gabaon con gli abitanti di Canaan . Leggiamo il testo ( IMMAGINE 33, testo )

"Allora Giosuè parlò al Signore, il giorno che il Signore diede gli Amorei in mano ai figli d'Israele: 'Sole fermati su Gabaon, e tu luna, sulla valle d'Aialon'" ( Giosuè 10: 12,13 )

Insomma, per dirla in termini più scientifici, la terra si sarebbe fermata, per quasi una giornata intera, nel suo corso naturale di rotazione.

Sembra che l'evento sia meno fantasioso di quanto sembri.

Esiste una documentazione lasciataci da Murshilish ( IMMAGINE 34 ), figlio del re Ittita Suppiluliumas, risalente al 10° anno del suo regno.

Il 10° anno del regno di Murshilish corrisponde esattamente al 40° anno dopo l'uscita dall'Egitto degli israeliti, quindi esattamente nel momento in cui Giosuè iniziava la conquista di Canaan.

Nella documentazione in oggetto si parla di un evento particolare che ha interessato il sole. Si dice nel testo che la Regina madre Tawanna interpretò il segno come annuncio di un disastro che avrebbe colpito la casa reale.

Gli storici negano che ci sia stata, in quel tempo, una eclissi. Gli Ittiti erano esperti nella materia astronomica e non si sarebbero fatti prendere alla sprovvista da una vera eclisse: sapevano benissimo quando ci sarebbero state: nella documentazione, invece, si parla di un avvenimento inatteso ( quindi improvviso ) e terrorizzante.

Un elemento di riscontro di quanto detto si ha nelle documentazioni, anch'esse antiche, che giungono dalla parte opposta del globo. ( IMMAGINE 35 ).

I religiosi che sono sbarcati in centro-America al seguito dei conquistadores, hanno raccolto un gran numero di leggende andine, e non solo andine, che testimoniano di un evento esattamente opposto a quello verificatosi nei cieli dell'oriente.



Montesinos e altri cronisti ci informano che durante il regno di Tito Yupanqui Pachacuti II, 15° monarca dell'Antico Impero, nel terzo anno del suo regno, si ebbe una spaventosa oscurità, che durò tutta una intera giornata.

Si legge nelle memorie: "Le buone usanze furono dimenticate e il popolo si diede ad ogni forma di vizio. non vi fu alba per venti ore"

Si comprende che la notte non ebbe termine con il sorgere del sole, anzi l'oscurità si prolungò.

Anche in questo caso non si è trattato di un eclisse, poiché non c'è stato oscuramento del sole. E poi, le eclissi non durano così tanto tempo. Anche per i popoli andini vale lo stesso discorso fatto per le popolazioni orientali: conoscevano molto bene i ritmi astronomici e predicevano con buona approssimazione ogni eclisse.

Peraltro, il racconto non dice che il sole scomparve, ma che non vi fu alba. Quindi non sorse. Come se il sole si fosse fermato.

La data di questo avvenimento andino ( IMMAGINE 36 ) è collocabile tra il 1400 e il 1394, secondo lo studioso Zecharia Sitchin.

Invece le date dell'esodo e, quarant'anni più tardi, dell'entrata di Giosuè in Canaan, variano da studioso a studioso:

Bimson e Livingston collocano l'esodo nel 1460 a.C. e l'entrata in Canaan nel 1420

Sitchin per la prima da il 1433 e per la seconda il 1393

Ron Wyatt è convinto che l'uscita di Israele dall'Egitto sia avvenuta nel 1446 a.C., e che Giosuè sia entrato nella terra promessa dal 1406 a. C.

Come vedete le date sono molto vicine le une alle altre. Come lo era la data del figlio del re ittita. Tutte le date concordano nell'indicare che quarant'anni dopo l'esodo si ebbe, sia in oriente che in America un evento straordinario, registrato dalle cronache dei popoli dei due emisferi.

Per dirla con Sitchin ( IMMAGINE 37 ) "Il giorno in cui il sole si fermò sopra Canaan fu la notte in cui il sole non sorse nelle americhe"

GIUSEPPE E IMHOTEP

Introduzione

Negli ambienti accademici e tra i teologi delle diverse fedi non è raro sentir dire che la Bibbia è un libro poco originale, poiché i suoi autori avrebbero scopiazzato da varie fonti più antiche e da ambiti non ebraici. C'è chi sostiene che Mosè abbia copiato l'idea del diluvio universale dai poemi sumerici. E c'è chi è convinto che gli stessi dieci comandamenti dati da Dio a Mosè sul Sinai, altro non siano che uno scimmiottamento di antichi consigli già redatti, ad esempio, dagli autori egiziani del libro dei morti.

Noi cercheremo di dimostrare, grazie alle scoperte archeologiche più recenti, che le cose non solo non stanno così, ma che anzi si presentano in maniera diametralmente opposta. Sembra, cioè, che siano stati i personaggi e gli autori della Bibbia, ad essere stati fonte di ispirazione per molti popoli illustri. E' la storia che, brevemente andiamo a raccontare..

L'iscrizione

E' stata ritrovata una iscrizione in geroglifico nell'isola di Syene (Sihiel), presso la prima cateratta d'Egitto. Questa racconta di un sogno avuto dal re Djoeser (III dinastia), il quale è così avvertito dell'imminenza di una carestia di 7 anni, che avrebbe devastato l'Egitto. Il faraone chiede consiglio al suo viceré: questi rivela il sogno al re, dopo aver consultato il dio. I resto del racconto è quasi identico all'analogo racconto che la Bibbia fa della vita di Giuseppe, venduto schiavo in Egitto dai suoi fratelli.

Il viceré menzionato nella iscrizione geroglifica si chiama Imhotep.

Che Imhotep e Giuseppe siano la stessa persona?

Questa iscrizione risale al II secolo a.C. ed è la copia di un documento scritto dallo stesso re Djoser, mille anni prima. La copia venne esibita dai sacerdoti di Khnum per giustificare una loro richiesta di privilegi sul possesso della terra. Lo vedremo più dettagliatamente

Di questo Imhotep ( IMMAGINE 38 ) si sa, grazie ad una iscrizione trovata sui frammenti di una statua del re Djoser, che era "Cancelliere del re del Basso Egitto, amministratore del grande palazzo, signore ereditario, alto sacerdote di Eliopolis,costruttore, scultore, fabbricante di vasi di pietra"

Di Giuseppe il faraone del suo tempo dice: "Tu avrai autorità su tutta la mia casa e tutto il mio popolo ubbidirà ai tuoi ordini, per il trono soltanto io sarò più grande di te. Così il faraone gli diede autorità su tutto il paese d'Egitto" (Genesi 41:40-44)

Sia nell'iscrizione geroglifica, che nel racconto biblico di Giuseppe, anche se con minime variazioni, si fa riferimento ad una carestia e al fatto che questa è annunciata da Dio al faraone, per mezzo di un sogno. In entrambi i racconti, il faraone chiede consiglio al suo viceré, perché ha nomina di saggio ( Giuseppe era conosciuto in Egitto proprio grazie alla sua capacità di interprete di sogni). Il re è turbato; non sa darsi una spiegazione per il sogno avuto ( IMMAGINE 39 ).

Nel testo geroglifico si legge: "Ho domandato a Imhotep chi sia il dio del Nilo. Imhotep, figlio di Ptah. Quale è il luogo di nascita del Nilo? Chi è il dio che è la?". Faraone invita Imhotep a consultare la divinità per avere un responso del sogno: è evidente che il re Djoser sapeva che Imhotep aveva tali qualità.

Nella Sacra Scrittura ugualmente, il faraone turbato, dopo aver consultato tutti i suoi maghi, convoca Giuseppe, perché era stato informato delle sue capacità divinatorie (Genesi 41:12-14)

Imhotep, interpellato ( IMMAGINE 40 ), afferma che deve chiedere la guida della divinità per poter giustamente interpretare il sogno. La stessa cosa fa Giuseppe (Genesi 41:15,16)

Il faraone racconta il suo sogno e ne viene data l'interpretazione. Non solo ( IMMAGINE 41 ) i due saggi, Imhotep e Giuseppe, prevedono anche un piano per permettere all'Egitto di affrontare la carestia. Nel testo di Syene, si dice che lo stesso Djoser stabilì una tassa di 1/10 sulle entrate del popolo, ma esentando soltanto i sacerdoti. Nel racconto del Genesi è Giuseppe stesso che consiglia al faraone di stabilire una tassa analoga, però di 1/5, esentando ugualmente la classe sacerdotale. E' stato per questo motivo, per rivendicare cioè tali privilegi che nel II secolo a.C. i sacerdoti egiziani impugnarono il documento per ottenere analoghi privilegi.

Di Imhotep, nel documento, si dice ( IMMAGINE 42 ) che era anche scrittore di proverbi, di detti. Di Giuseppe è riferito che il faraone lo lodò proprio per la sua intelligenza e sapienza (Genesi 41:39)

Entrambi i personaggi ( IMMAGINE 43 ) morirono a 110 anni (Genesi 50:22)

La saggezza di Imhotep/Giuseppe

Tornando alla saggezza dei due personaggi ( IMMAGINE 44 ), sappiamo che molte raccolte di proverbi furono tramandate in Egitto e tutte passarono sotto il nome di Pthaotep. Potrebbe essere il nome di un redattore postumo che ha raccolto le massime di Imhotep; oppure potrebbe essere il nome dello stesso Imhotep, dato che nella iscrizione esaminata oggi è proprio chiamato "figlio di Ptah".



Una situazione analoga si è verificata nel caso del re ebreo Salomone, il quale ha scritto un libro, contenuto nella Bibbia, intitolato "Proverbi", e nel quale ha raccolto detti e massime formulate da altri. Probabilmente alcune di queste massime sono proprio quelle scritte da Giuseppe.

Se veramente lo scrittore Imhotep è il saggio Giuseppe, allora appare straordinario rilevare come la produzione attribuita al saggio egiziano corrisponda molto strettamente a quella che potrebbe essere attribuita a Giuseppe.

Ecco di seguito alcuni detti attribuibili a Imhotep e alcuni proverbi raccolti dal re Salomone, che potrebbero essere attribuiti a Giuseppe. Notiamo le similarità.

IMHOTEP: "Uno pianifica il suo futuro, ma non sa ciò che avverrà"

GIUSEPPE: "Non ti vantare del domani, perché non sai quello che un giorno possa produrre" (Proverbi 27:1)

IMHOTEP: "Se sondate il carattere di un amico, non andate in giro a chiedere, ma avvicinatelo da solo"

GIUSEPPE: "Discuti la tua causa con il tuo vicino da solo, non divulgare il segreto di un altro" (Proverbi 25:9)

IMHOTEP: "Se sei uno degli ospiti a tavola del dignitario, considera chi ti sta davanti"

GIUSEPPE: "Quando ti siedi a mensa con un principe, rifletti bene a chi ti sta davanti" (Proverbi 23:1)

Alcuni studiosi affermano che gli scrittori biblici non sono originali. Neppure Mosè che, ci dicono, sembra aver copiato i dieci comandamenti dal Libro dei Morti egiziano.

E' verissimo che nei testi degli egiziani si trovano insegnamenti molto simili a quelli della cultura ebraica antica; è anche vero che molti di questi testi dell'Antico Egitto sono più antichi di quelli ebraici, ma ciò non significa che questi ultimi derivino dai primi.

Un testo incluso in un salmo biblico ci aiuta a capire meglio come, in realtà, siano andate veramente le cose. ( IMMAGINE 45 )

Leggiamo il brano, si riferisce alla storia di Giuseppe prigioniero in Egitto, poi liberato e rivalutato: "Mandò dinanzi a loro un uomo, Giuseppe, fu venduto come schiavo. I suoi piedi furono serrati nei ceppi. e la parola dell'Eterno, nella prova, gli rese giustizia. Il re mandò a farlo sciogliere, il dominatore dei popoli lo mise in libertà; lo costituì Signore della sua casa e governatore di tutti i suoi beni per incatenare i principi a suo talento, e insegnare ai suoi anziani la sapienza" (Salmo 105:17-22).

Sembra non ci siano dubbi. E' stato Giuseppe, un Israelita, ad insegnare la saggezza al popolo egiziano, e non il contrario. Così pure, per tornare alle affermazioni iniziali, si deve a Mosè l'originalità della redazione dei racconti del Genesi. E' indiscutibile che questi ultimi assomigliano molto ai racconti della civiltà sumera, ma è anche vero che se ne distanziano molto, apparendo più sobri e completi.

Se, come afferma lo stesso Mosè nei suoi scritti, Dio gli parlava direttamente, ispirandolo, non vediamo la necessità di sminuire la Bibbia nel confronto con i testi dell'antichità sumera. Può invece essere stato fatto un aggiustamento, da Dio stesso, rispetto ai testi sumero-babilonesi che, invece, riportavano dati storici veri ma molto paganizzati e imbastarditi; molto lontani dal reale. Mosè potrebbe essere stato proprio colui che ha riportato le verità storiche nei loro giusti binari.

Citazioni utili

A) Ellen White: "Conquistatori di pace", pagg. 218,219 - Non passarono dai laghi amari

"Camminando lungo una pianura deserta e incolta, cominciarono a domandarsi come sarebbe finita quell'avventura. Il viaggio lungo e faticoso fece sorgere in alcuni il timore di un inseguimento degli egiziani; la nuvola, comunque, li precedeva sempre. A un certo punto il Signore rivelò a Mosè di tornare indietro per uno stretto passo roccioso e di accamparsi davanti al mare; il faraone li avrebbe inseguiti, ma Dio avrebbe dimostrato la sua grandezza, liberandoli. Gli ebrei erano accampati davanti al mare: una barriera apparentemente impossibile da valicare; mentre a sud alte montagne impedivano di proseguire il cammino".

B) Idem, pag. 223 - Non passarono per i laghi amari, ma per Nuweiba

"Con saggezza Dio condusse gli ebrei tra un'alta montagna e il mare per manifestare la sua potenza e per umiliare l'orgoglio degli oppressori del suo popolo"

C) Idem, pag. 219 - La ruota d'oro era di un carro cerimoniale guidato dai sacerdoti.

"Il faraone organizzò le sue forze, 'seicento carri scelti e tutti i carri d'Egitto', cavalieri, capitani e soldati semplici. Fu lo stesso sovrano, accompagnato dagli uomini potenti del regno, a guidare quell'esercito. Inoltre, per assicurarsi il favore degli dei e quindi il successo dell'impresa, furono convocati anche i sacerdoti"

D) Idem, pagg. 232,233 - Il Siani è in Madian, nella regione di Jetro

"La casa di Jetro, suocero di Mosè, non era molto distante dall'accampamento degli ebrei. Questi che aveva saputo della liberazione degli ebrei, aveva deciso di recarsi da loro per ricondurre a Mosè la moglie e i due figli.. Partiti da Refidim, gli israeliti continuarono il viaggio. Attraversarono un profondo e ghiaioso passaggio a cui erano stati guidati; muraglie di roccia, alte centinaia di metri, li sovrastavano e si estendevano da entrambi i lati a perdita d'occhio; il popolo, una fiumana vivente, vi passò insieme alle greggi e alle mandrie, mentre davanti a loro si ergeva in tutta la sua maestà il massiccio del monte Sinai"

Bibliografia

JACQ CHRISTIAN: L'insegnamento del saggio egizio Ptahhotep, Mondadori, Milano 1998

MOLLER LENNART, The Exodus Case, Scandinavia Publishing House, Copenaghen 2000

VELIKOSKY IMMANUEL, Ages in Chaos, Buccaneer Books, Cutchogue, New York 1952

www.anchorstone.com

www.surprisingdiscoveries.com





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