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MARGHERITA GUIDACCI 1921-1992

Italiana


Margherita Guidacci 1921-1992

da La sabbia e l'Angelo

La sabbia e l'Angelo

VI

Non il ramo spezzato, non l'erba scomposta lungo il sentiero

ci dicevano il suo passaggio, ma il tocco di solitudine



che ogni cosa in sé custodiva ed a noi rendeva, liberando

dopo il messaggio consueto l'altra, l'ignota parola.

Come trasalivamo ascoltandola, come s'orientava sicuro

il nostro cuore sull'invisibile traccia!

Così noi sempre ti seguimmo, Dominatore ed Amato,

né ci sorprende la bianca luce in cui svelato al nostro fianco cammini

(ora che l'ombra carnale è tramontata sul meridiano della morte)

perché da lungo tempo te solo conoscevamo, 818v213i a te solo

obbedivamo, tua destinata preda,

trascinando sulle vie della terra la tua celeste catena straniera.

da Giorno dei Santi

Giorno dei Santi

II

Eppure ogni anno voi tornate,

Santi, pel cuore che vi sa distinguere

contro lo sfondo delle vite che cadono

come questa pioggia dirotta, rovesciandosi

sulla terra che avida la beve,

diluvio dall'inizio del mondo alla sua fie,

attraversando oblique il cielo, linea

incolore di lacrime

fino all'erba del loro riposo.

In questo giorno che pei vivi è solo

la vigilia del giorno successivo

(la pietà della carne, la pietà della polvere

e i crisantemi in attesa

d'essere collocati sulle tombe)

voi tornate col vostro passo certo

e luminoso di pianeti

a rischiarar la pioggia delle nostre

esistenze che cadono

dentro la pietà ma fuori della gloria.

da Paglia e polvere

La conchiglia

Non a te appartengo, sebbene nel cavo

Della tua mano ora riposi, viandante,

Né alla sabbia da cui mi raccogliesti

E dove giacqui lungamente, prima

Che al tuo sguardo si offrisse la mia forma mirabile.

Io compagna d'agili pesci e d'alghe

Ebbi vita dal grembo delle libere onde.

E non odio ne oblio ma l'amara tempesta me ne divise.

Perciò si duole in me l'antica patria e rimormora

Assiduamente e ne sospira la mia anima marina,

Mentre tu reggi il mio segreto sulla tua palma

E stupito vi pieghi il tuo orecchio straniero.

Canzone d'un morto di sete

Acqua e polvere, acqua e polvere,

Voi non mi eravate così indifferenti

Un istante prima ch'io morissi:

Allora bramavo l'acqua, detestavo l'arida polvere;

E ora tutti i fiumi dell'universo

Sono per me lo stesso che polvere,

Tutta la pioggia dell'universo

Non toglierà dalle mie labbra il sapore di polvere.

Non datemi quel che bramavo, perché più nulla desidero.

Non allontanate quel che odiavo perché più nulla odio.

Riportate indietro, fratelli, le vostre colme anfore

E lasciatemi solo nella mia polvere.

Primo autunno di Elisa

Che dirti, amore mio, che dirti?

Che l'uva è vendemmiata

Ed ogni succo disfatto in dolcezza?

Che ragnatele di nebbia

Hanno striato la terra? Nel bosco

Tutte le bacche sono ormai cadute,

Rimane il legno bruno e lucido

E l'anno corre alla sua foce

Lungo le vene dell'ultima foglia.

Che dirti, amore mio, che dirti?

Le parole hanno un senso

Soltanto se le nutre la memoria.

Ma tu non hai ricordo di stagioni,

Tanto meno ricordo di ricordi:

Sei nuova e fresca, intatta dal declino

Che rattrista lo sguardo di tua madre

Mentre fissi serena

Questo tuo primo autunno.

Meditazione a Bellagio

a Giovanni Getto

Con questi stessi occhi che ora guardano

Monti e boschi sul puro arco del lago,

Con questi stessi occhi e non con altri

Noi vedremo il Signore.

Prima saremo stati solo un pugno di polvere,

Sparso dal veto su pietre e su acque;

Decomposte con noi parole e azioni

Come le orme di antichi viandanti.

Ma ogni cosa perduta fa ritorno

Ed ogni cosa sepolta riaffiora;

Ogni attimo di vita si riannoda

Per seguirci davanti al Signore.

E l'attimo che chiaro ora si libra

Su questo lago e sulle nostre anime,

Neppur esso è perduto nel tempo, ma s'avvia

Dove non potrà il tempo divorarci!

Apro la mia finestra...

Apro la mia finestra, guardo il cielo

E i grandi alberi d'oro che sembrano reggerlo.

Penso a te, un punto perduto nella luce

Come son io: davanti a un cielo, ad alberi

Che altri un giorno fisseranno, tentando

Similmente di esprimersi, lottando

Con le parole, con la gioia. Vento e foglie,

Oro denso e memoria, l'impossibile

Che urge in gola... Oggi a noi questo è dato,

Oggi prestiamo all'universo il nostro volto effimero.

Simultanee faville, questo è il momento del nostro ardere.

Questa l'eclisse

Questa l'eclisse che abbiam vista insieme.

L'altra ci attende ad uno ad uno:

Non sarà divulgata dai giornali

O trasmessa dalla televisione,

Non vi saranno scienziati in subbuglio

Né telescopi puntati a spiarla,

E nemmeno il commento degli uccelli,

La loro gioia dopo l'ansia.

Prevederla è impossibile.

Una creatura, sola,

Avanzerà sull'orlo della tenebra

E fisserà l'orrore

D'un sole che si spenge.

E su lei sola poi verrà la piena

Della luce stupenda, in un ritorno

Mille volte più intenso -

Ma non più in questo mondo.

da Neurosuite

Iniezione serale

Ecco il bianco drappello che semina la pace

in punta di siringa.

In un fruscìo confuso

si levano i nostri demonî

e vanno ad aspettarci

un po' più in là, verso l'alba.

Subentra un vuoto dirupato

come di febbre ad un tratto caduta.

La stanchezza è di piombo.

Ogni lancetta immota, verticale.

Come fu lieve la pungente grazia!

«Voltatevi di fianco, presto, è tutto».

E l'anima

più facilmente fu ammainata

di qualsiasi vela o bandiera.

da Terra senza orologi

Tre campanule bianche

ad Annarosa

Poiché il fiore era falso ma la pietra era vera

ci concentrammo sulla pietra:

spigoli schegge macchie asperità.

Ad essa ci aggrappammo, la stringemmo

negando ogni altro scampo.

Pure, nel fondo della mente, ancora

ritornava un effluvio, un tremolio

di petali leggero - tre campanule bianche

nel cantuccio di un quadro di Klee.

Noi cercavamo disperatamente

di non badarvi, e sapevamo bene

che ne saremmo morti.

da l'Altare di Isenheim

Sono morti anche i tuoi abiti

Sono morti

anche i tuoi abiti nell'armadio, le tue scarpe sotto il letto,

morto il tuo posto a tavola.

Nei vecchi taccuini la tua scrittura

è geroglifico d'un incerto elisio.

Tutte le tue fotografie

hanno, di colpo, mutato espressione.

La casa stessa è strana, alterata ed ignota.

Per ogni sua parete passa il confine -

in ogni stanza

l'oscuro fiume e il barcaiolo invisibile

che ti ha portato di là,

mentre a noi ancora rifiuta il traghetto.

Regalità della morte

Regalità della morte!

Le persone che ieri lietamente

con te avrebbero scherzato

oggi sostano timide, bisbigliano

compunte e fissano smarrite

quell'orgoglioso principe marmoreo

che a un tratto sei diventato.

Ed anche a me ed ai figli è conferita

una specie di corona:

non la maggiore, ma quale si addice

a chi è seduto sui gradini del trono.

In tuo onore anche noi riceviamo

la nostra parte di onore,

finché si sciolga la sfilata solenne

e ognuno, dopo l'ultima

stretta di mano ed inchino, ritorni

al suo piccolo, amato mondo vivo,

lasciando te al tuo destino definitivo

e noi ai riflessi del tuo gelo.

Sono saggi i polinesiani

Sono saggi i polinesiani che mettono

i loro morti in una canoa, li sospingono

nelle acque del tramonto,

affidati a una rotta che qualche Dio guiderà:

perché il mare lava via tutti gli errori e i dolori,

annulla tutti i rimpianti nelle più rare metamorfosi

e consola del passato perduto, dell'avvenire mancato,

per essi offrendo la somiglianza della sua spuma.

Anche tu morto hai traversato il mare

quando ti abbiamo riportato alla tua isola.

Io dalla nave notturna ascoltavo

la voce delle acque, immaginando la bianca scia,

ti sentivo ormai puro e pacificato

e m'allietavo che per avventura

fosse il nostro cammino lo stesso del sole

e la tua terra natìa

fosse terra di ponente - la terra più quieta,

dentro il cui grembo dormono colombe.

Ti sei già abituato

Ti sei già abituato alla tua morte

o ti è difficile portarla

come un abito nuovo

non ancor bene adattato al tuo corpo?

Ti stringe qualche desiderio?

Senti pendere fili di rimpianto?

Tirare qualche laccio di ricordo?

O fu immediato l'abbandono

alla tua veste di ghiaccio?

da Inno alla gioia

Prima del nostro incontro

Sottraggo i giorni ad uno ad uno, li sigillo

e metto via, quando sono compiuti,

benedicendo il loro sole, la loro pioggia

o qualunque sia stato il loro dono;

benedicendo soprattutto la notte

che, seppur lenta, li accolse alla fine.

E prego quelli che ancora rimangono

prima del nostro incontro (ed a contarli

bastano ormai le dita di una mano)

di non smarrirsi in cielo, ma procedere

come i loro fratelli: un po' più in fretta,

se possono, ritmandosi sul vivo

battito del mio cuore.

E tuttavia, neppure troppo in fretta -

perché ancora non so comprendere, adattarmi:

temo il momento in cui sarò chiamata

alla quasi insostenibile gioia.

da La Via Crucis dell'umanità

Caino e Abele

I Stazione

Passi più bui della notte in cui risuonano

imprimono nel mondo, dall'inizio,

orme di sangue. Cos'ha fatto Caino

di suo fratello, cos'ha fatto l'uomo

dell'uomo?

Incas

V Stazione

Solo un colore, il giallo, unì conquistatori

e conquistati: questi adoravano il sole,

splendida fonte di vita, e gli altri l'oro,

fonte di morte: che, selvaggia, diedero

a quella gente fiduciosa e ignara,

per depredarla. Almeno non avessero,

in tutta questa storia di assassinio,

mai fatto il nome di Dio!

Il razzismo

IX Stazione

Che cos'ha d'inferiore la peonia

perché purpurea, il croco perché giallo?

Perché lo scuro velluto dell'iris

dovrebbe valer meno dell'avorio

della magnolia? Quel che per i fiori

comprende senza sforzo, per se stesso

possa imparare, finalmente, l'uomo!

Hiroshima

XIV Stazione

Pietà, Signore, della terra sconvolta,

dove l'uomo diffonde tanta violenza e rovina

dove ogni poggio può diventare un Golgotha

e ogni città può diventare Hiroshima.

Gesù Risorto

XV Stazione

Affranti dalle nostre vie di morte

a Te giungiamo, nostro Salvatore.

Tu che morendo hai distrutto la morte,

insegnaci la Tua resurrezione.

da Il buio e lo splendore

Mappa del cielo invernale

Con la mappa del cielo invernale, che tu hai disegnato per me,

uscirò prima dell'alba in una piazza ormai vuota

d'uomini e alzerò gli occhi ad incontrare

i viandanti stellari che lentamente si muovono

intorno al polo dell'Orsa. Ai più splendenti

chiederò: «Sei tu Rigel? Sei tu Betelgeuse?

O Sirio? O la Capella?», restando ancora in dubbio

(tanta è la mia inesperienza nonostante il tuo aiuto)

su quale sia la risposta. E intanto penserò

a San Juan, perché quella sarà la notte di Dio,

dopo la notte dei sensi e dell'anima; e le stelle,

riconosciute o ignote, saranno per me tanti angeli

il cui volo silenzioso mi conduce verso il giorno.

E penserò anche a te, che da un altro parallelo contempli,

ugualmente assorto, lo stesso firmamento,

sentendo come un gelo esterno ed un fuoco interiore,

mentre i nostri cuori lontani, che sono ancora imprigionati nel tempo,

lo scandiscono all'unisono.

da Anelli del tempo

Anelli del tempo

Degli anelli del tempo, che si aggiungono

sempre nuovi, furono alcuni così stretti

che ne ricordo solo l'orrore di soffocare.

In altri, larghi e informi, vagai smarrita

senza un sostegno a cui aggrapparmi. I più,

pallidamente indifferenti, si ammucchiavano

gli uni sugli altri, subito saldandosi

senza nemmeno un segno di sutura.

Solo a pochi e per poco è tollerabile

riandare. Ma almeno questo, l'ultimo,

di cui oggi si chiude il cerchio, resta perfetto

nel mio cuore: cornice d'oro intorno

a uno specchio di gioia. Chiedo solo

di serbar quest'immagine. E che a te

uno stesso fulgore la riveli

e la circondi, allo scadere dell'ora,

nel tuo specchio gemello.

Fonte

Que bien sé yo la fuente que mana y corre
Aunque es de noche
(San Juan de la Cruz)

Io so la fonte che zampilla e scorre

benché sia notte, la so ritrovare

benché sia notte e un grappolo di notti:

notte del cielo e notte

del bosco, notte della lontananza,

notte di tutto il tempo ch'è trascorso

dal primo scaturire... La raggiungo

lungo i bruni sentieri dove mi guida

il suo richiamo d'argento. E vi tuffo

le mani, le sollevo

congiunte a coppa fino alle mie labbra

ed alle tue. Riconosci anche tu

nell'arcana purezza che ci disseta

il nostro pianto d'un giovane addio

(disceso ad irrorare le profonde

radici della vita), riconosci

quelle nostre visibili

e invisibili lacrime?

È come una mancanza di respiro

È come una mancanza di respiro

e un senso di morire

quando mi stringe improvviso

il desiderio di te tanto lontano

e nulla può calmarlo, altro pensiero

non può occuparmi, tranne il Paradiso

che sarebbe per me lo starti accanto.

Ma poiché ciò m'è negato, più cara,

molto più cara d'una fredda pace

mi è la stretta indicibile -

quasi un marchio di fuoco che proclami

ancora e sempre quanto sono tua.

A nessun costo vorrei separarmi

da questo mio dolore.

Anniversario con agavi

Questo giorno, che fu d'amore e lacerazione

tanti anni fa, ci vede ora camminare

insieme su sabbie e rocce, la tua mano

aiutandomi nei passi difficili

e il tuo sguardo orientando il mio, verso l'alta

barriera d'agavi e di canne,

limite di nord-est al litorale.

«Ecco - mi dici - sono queste», e indichi

le cinque agavi ormai pronte,

dopo la quasi centenaria attesa,

all'incredibile fioritura. Racchiuso

nel suo grosso uovo bruno, ogni fiore-fenice

si prepara ad erompere in un volo

estatico: la breve festa nuziale

al sole e al vento, celebrata da sciami

d'api d'oro - poi, subito, la morte.

Osserviamo le agavi protendersi

al loro compimento, nello slancio

degli steli, indomabile, e la resa

delle foglie già esauste, che immolarono

ogni linfa all'unico fine e si ripiegano

come vele ammainate. Qualcosa in noi

profondamente, quasi perdutamente,

risponde a quello slancio, a quella resa.

Io sento un nodo alla gola e rimango

in silenzio. Tu dici piano: «Anche le piante

hanno il loro destino».

Guado

L'anno contiene quest'unico guado

verso di te. Ogni volta

lo trovo un poco più sommerso, l'onda

più gonfia, la corrente

più minacciosa. Eppure

io t'ho raggiunto ancora, ed ogni breve

istante che trascorro accanto a te

diviene un «sempre» e se ne nutrirà

anche il tempo deserto. Se una dura

legge c'imporrà un «mai», noi condannati

ed immobili sulle opposte rive

intrecceremo tuttavia i richiami

di un desiderio tramutato in splendore.

Così la Tessitrice ed il Pastore

si rispondono: Vega ed Altair

tra cui si snoda l'alto

stellato fiume.

All'ipotetico lettore

Ho messo la mia anima fra le tue mani.

Curvale a nido. Essa non vuole altro

che riposare in te.

Ma schiudile se un giorno

la sentirai fuggire. Fa' che siano

allora come foglie e come vento,

assecondando il suo volo.

E sappi che l'affetto nell'addio

non è minore che nell'incontro. Rimane

uguale e sarà eterno. Ma diverse

sono talvolta le vie da percorrere

in obbedienza al destino.


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